Archivi tag: impressioni

giugno sexy

 

_ANDER~3

 

La pioggia mi sorprende mentre immagino il tuo viso che si riempie di nuvole e morbillo, ho l’ombrello piantato nel petto e tu a spruzzare latte per le strade mi guardi come un cane che ha le piaghe e allora girami dammi un altro sfondo per morire, devo trovare un paracarro per legarci le mie idee devo sapere quello che stanotte ha sognato il mio computer, mangio la verdura sputo la verdura e mi rigiro nella tomba sgonfio di poesia, la notte scendo prendo nota delle targhe e spero di inciampare sulla tua scatola nera che appena la trovo la sotterro perché cresca l’amore, ma intanto ti dico e te lo dico con un dito che questo è un invito ufficiale a non amarmi mai, solo vieni a raccogliere le alghe che mi galleggiano dentro.

calendario sexy


cheese

selfie2

 

Se metto un dito nell”orecchio sinistro mi fa male la pancia a destra. E’ difficile da credere ma va così, mi prude l’orecchio io mi gratto e arriva una fitta nella pancia. Se poi alzo la gamba sinistra la pancia non mi fa più male. Almeno finché in questa posizione non chiudo gli occhi e a quel punto non sento più niente. Sono stato dal dottore e gli ho spiegato e lui mi ha chiesto se mentre facevo tutto questo avessi per caso provato a trattenere il respiro. Ero perplesso così mi sono alzato e ho cominciato a grattarmi l’orecchio per riprodurre tutta la procedura e verificare l’effetto, ma il dottore ha toccato qualcosa sotto la scrivania e subito sono entrati due infermieri che mi hanno portato fuori senza tanti scrupoli. Io non capisco davvero come si fa a trattare così una persona che ha dei disturbi. Un po’ di umanità è quello che dico. Per di più io ti sto offrendo un’occasione per diventare famoso, tu studi il mio caso e diventi famoso. E se poi pensi di avere ragione tu perché hai studiato va bene ma allora non martellarmi con le dita sulle spalle che poi ti devo dire che mi fa male il ginocchio e tu non mi credi.
Comunque a parte questo il resegone è la montagna che sta qui davanti a me, col sole le montagne sembrano più vicine, che le puoi toccare, mentre quando il cielo è sporco e pieno di noie il resegone si abbassa, si allontana, un po’ come le cose che ci sembrano irraggiungibili, basta un po’ di sole, togliere del rumore alla vita e ritornano lì pronte davanti a splendere della loro assurda ovvietà, che mi fa pensare che tra cent’anni non mi ricorderò più di me, e così occorre che punti qualche sveglia da qualche parte, e che prenda nota dei luoghi su qualche muro.
Siamo al mondo per essere derubati, per la conquista di un capezzolo, quando farò un viaggio e l’aereo atterrerà nel mio giardino allora sarò arrivato, intanto sono un mediocre perché ho lasciato che riuscissero i mediocri mentre ci sono persone straordinarie nella loro normalità ma non perché fanno grandi cose ma perché non le fanno e vivono il loro anonimato con la decenza e l’eroismo di un sasso che ci vogliono le ere per spostarlo oppure la mano di un bambino. Ad esempio, quando io ti paradossalizzo mi sento bene, è che tu stai a casa di dio o forse a casa di dio ci sto io, di questi tempi è meglio sfruttare le discese, siamo tutti la merda di qualcuno e il sole è così freddo che ci sono più gradi all’ombra. Vorrei che tu mi portassi in un ristorante dove tutti mangiano in silenzio, solo le posate che si sentano e poi uscire fuori nella piazza immensa e bagnata dalla pioggia per starnutire contro ogni passante. Ci sono fiori che crescono dalle mie ascelle appassiscono e rifioriscono a scandire le voglie e le paure di ciò che non diventeremo mai perché i giorni non sono tutti uguali, lo vedo dalle lucciole che si spengono nella mia vasca, e il 13 aprile è uno dei giorni migliori per me perché il giorno prima è il mio compleanno e mi sento più libero il giorno dopo, e quest’ultimo 13 aprile io ho pensato che nella prossima vita mi prenderò tutto il tempo per ripensare a questa vita e vorrei anche imparare a fare l’amore con il cappello per vedere se riesco a non farlo cadere.
A volte rileggo le cose che scrivo e mi scompiscio dalle risate, ma si potrà farsi ridere da soli? e a volte poi mi commuovo e mi metterei dei commenti da solo se non fosse che faccio brutta figura, sì perché per me risponderei anche ai commenti che mi faccio da solo. Coi selfie però non ci so fare, è colpa delle cose che penso, che non vogliono farsi vedere e che hanno sempre un che di sbiadito e approssimativo, ideali per quando è il momento di aprire una finestra e benedire i gatti che guardano su, ma niente più. Che a me piace anche paradossalizzare le cose tanto che avevo programmato un post su facebook per stasera alle 20 perché avevo un appuntamento e sarei stato fuori per quell’ora, però tra una cosa e l’altra mi sono dimenticato cosa avevo scritto e più ci pensavo e più me lo scordavo e più avevo paura di aver scritto una stronzata, ho dovuto rimandare l’appuntamento e sono rimasto a casa perché così eventualmente se fosse stata davvero una stronzata l’avrei cancellata subito, e tu non devi pensare che non sei importante per me solo perché ci tengo al mio facebook, infatti io vorrei trasformarti in una statua per pisciarti addosso, e cosa mi dici adesso? Non ci vuole niente a dire che la verità è cugina gemella del delirio, ma mentre continuo a darmi consigli su come guardare lontano l’orizzonte si allontana, questo è, che se proprio ve lo devo dire io voterei per la neve, e lascerei che mi attraversi la testa col suo silenzio.
Sono nato che erano le quattro del pomeriggio e per questo non ingrano mai fino a quell’ora e così confondo alba e tramonto, secoli e istanti, e io con me, c’è un disegno perfetto nelle mancanze del mio corpo e te ne accorgerai quando farò l’amore con te con il cappello per farti vedere che riesco a non farlo cadere. E poi quando mi tolgo la parrucca per buttarmi giù dall’autobus e rotolare dentro la prima porta aperta fino in salotto dove c’è una scimmia che mi guarda con tristezza, allora mi ricordo di quando nell’altro mondo io riconoscevo il corpo dalle fantasie che aveva e spargeva su quel letto di foglie che era la tua vacuità. Ricordo che una volta ero in macchina e mi affianca uno con un cartello in mano e me lo mostra dal finestrino, la solitudine c’era scritto, e sembrava niente più che uno scorcio della prossima vita, un rumore di posate nel cielo limpido dove si staglia il resegone, portami via dottore adesso in quella vita e dimmi cosa c’è nell’orecchio che non si spegne più, e nella pancia che sembra piena di ore notturne fatte col pongo. Chissà come mi era venuto il sorriso.


penso che un giorno così

 

f8e8d672b193301e1e9aa6c971b8951e3475e668_large

 

Ieri mattina mi sono messo in testa di fare diventare rosso un semaforo con la forza del pensiero, mi sono concentrato e non ci crederete ma dopo nemmeno un minuto ci sono riuscito. Avendo preso fiducia in me stesso ho voluto allora provare anche col verde. La stessa cosa, il tempo di concentrarmi sì e no un minuto. Verde. Sull’onda dell’entusiasmo mi sono messo d’impegno per farlo diventare giallo ma mi è riuscito solo per pochi secondi, che comunque è sempre un risultato confortante visto che ero uscito di casa privo di forze e deciso a lasciarmi travolgere dal mondo. Per il resto non ricordo come è passata la giornata, solo a un certo punto svoltando dietro un muro un paio di seni enormi mi sono rimbalzati addosso violentemente e lei rideva e io che avrei voluto dire scusa ho detto è stato un piacere e lei rideva ancora di più e sapevo che rideva della mia aria esterrefatta ma le chiesi perché rideva e si allontanò, così credo di aver passato tutto il giorno a cercare angoli da svoltare con gli occhi socchiusi sperando di atterrare ancora sul morbido.
Stanotte mi sono messo a letto e ho spento la luce quando dopo qualche minuto, mentre mi giravo dall’altra parte apro gli occhi e nel buio totale intravedo una piccola lucina blu. In quell’astronave che è la mia stanza ci può anche stare una lucina blu, eppure mi sembrava di aver spento ogni cosa, comprese le suggestioni i rimorsi le illusioni. Guardo meglio, e la luce si muove, come fosse una lucciola. Ma blu. Resto per un po’ intontito poi mi rendo conto della situazione e mi inquieto. Accendo la luce, mi guardo intorno non c’è niente, ci penso su, questa è l’insonnia mi dico, poi rispengo la luce e mi rigiro da quest’altra parte. Do un’occhiata al buio e chiudo gli occhi per finta. Li riapro, e la lucina blu è ancora lì che continua a muoversi con un gesto quasi suadente ma ormai per me allarmante. Accendo la luce, esco dal letto, devo risolvere la faccenda, e non devo avere paura, sono grande. Ma la lucciola non c’è più. Guardo sul pavimento, tra i libri, sposto la tenda, niente. Penso agli extraterrestri, penso che sono pazzo, apro la finestra non so se per fare uscire qualcosa o fare entrare altro buio, o forse per vedere se ci sono le stelle, e se ci sono tutte, penso che nella mia vita ci deve essere qualcosa che non va ma quel lampione illumina solo un angolo di strada dove tutto sembra funzionare. Allora mi viene un’idea, mi rimetto a letto, guardo la stanza per l’ultima volta poi spengo la luce. E rivedo la lucciola blu, e la sto a guardare, e la vedo muoversi sinuosamente nel nero fitto della stanza che non c’è più. Non voglio leggere quello che scrive nel suo volo. Non voglio sapere niente di lei, perché so già tutto. E non voglio dormire. Solo ricordare quando ti ho detto hai un bel sorriso che mi fa venire voglia, e tu, voglia di cosa? di qualsiasi cosa, e allora hai spento piano il sorriso e mi hai guardato spaventata e incantata come se ti avessi detto qualsiasi cosa.


lettera d’amore a una formica

mare 2

 

Proprio io che ammazzo le parole pur di non pronunciarle faccio finta che tu sei questa formica per avere un corpo con cui parlare, per vedere come ti muovi nel mondo, non l’ho mai fatto perché gli applausi paralizzano uno della mia specie anche solo sentirli salire dal canyon, quelli come me non sanno nemmeno la paura di non averti mai incontrata, c’è sempre un treno in corsa su cui saltare e un identikit in tasca, quelli come me fanno ginnastica in ripostiglio, e allora ti dirò solo le cose superflue, per l’essenziale c’è tempo quando saremo bambini con la tromba, che una lettera d’amore non è niente se la paragoni a quando tutto sarà finito.
Dal mio cannocchiale, devo dirti, ti ho vista seduta nella stanza e sembravi così vergine nella tua affamata distesa di solitudine che mi è venuta voglia di pensare che arrivavo io e abbiamo cominciato a dipingere le pareti lasciando già il segno che i quadri lasceranno quando saranno tolti, ecco in quei pezzi di muro preservati dalla polvere mi è parso di vederci dei film con tanta gente che scappava e si baciava e poi tornava e salutava per sempre e si toccava le gambe e correva e ho pensato che fra due persone è questione di longitudine e di prendere una posizione dentro una storia, di stare sullo stesso scaffale insomma, non tanto di avere l’ispirazione di una qualche follia se no è solo un dito che scrive sull’acqua, e allora mi sono messo lì a sognarti perché so che poi tu ti svegli felice.
Certe volte avrei voglia di fare qualcosa di mangiare di provare andare di fare guardare di godere di parlare sapere e mangiare bistecche di topi da laboratorio, ho voglia di essere gentile, sì gentile con tutta la tua pelle e le tue budella, raccogliere anche i tuoi baci scaduti che non voglio buttare niente di te, essere un uomo essere una donna essere ciò che vuoi su un prato di margherite, mi chiedo come ti faresti riconoscere un’altra prima volta, e intanto ho messo a bollire le scarpe per avere l’idea del viaggio che non farò, vuoi che facciamo l’amore ok io mi dissocio, ma facciamolo, e se sei al mattino su un isola e la sera sull’altra io sarò al mattino sull’una e la sera sull’altra, è che io le idee ce le avrei ma le hanno già trovate tutte gli altri non si inventa più niente ogni paesaggio ha già visto i tuoi occhi e dove non c’erano io andavo a leggere un verso nella stalla, non voglio avere colpa per tutti i secoli e gli amanti passati prima di me nel tuo bucato al sole, se sei mora amoreggerò se sei bionda abbionderò se sei pazza impazzirò se mi guarderai con lo sguardo di un cavallo ti cavalcherò se mi farai tuo maniaco ti violenterò.
Che ne hai fatto di tutte le radiografie della mia mano, quelle che ti ho mandato per farti capire chi ero, cosa volevo in cambio della tua lontananza, quale vita mi sarebbe servita da raccontarti, e allora senti questa quando il treno ha frenato scricchiolando in mezzo alla campagna c’eravamo noi sulle rotaie col nostro spargimento di sangue e le nostre cianfrusaglie e il nostro guardarci da due centimetri per vederci avere un corpo solo, perché le indicazioni erano di inventarsi un mondo e starci dentro anche finto basta starci dentro, sarebbe la differenza che fa tra la ferita e il miracolo, in fondo niente di diverso da un colpo di vento a sollevare le cartacce, e dimmi perché mi hai sorriso quando ti ho sputato in faccia dimmelo ho diritto a una risposta non startene lì vestita da biancaneve a guardare le scie degli aerei dobbiamo fare qualcosa per scambiarci i nostri ricordi inventati, scoprire che non sono gli stessi e legarceli intorno al collo, mentre tutto intorno era cosparso di cartacce.
Ci sono solo lenzuola nel mio letto e non ci mettono niente a diventare fantasmi, vorrei tornare ma non riesco a convincere le scarpe, quando ho fame dormo e quando ho sonno bevo, e quando ho paura copincollo i tuoi pensieri dentro i miei, ti porto a fare un giro in macchina mi piace guidare evitando i tombini, il mio sperma che cola dai tuoi occhi sarà solo l’inizio.
Tutto questo farei se solo tu fossi un essere che vive dei tuoi sospiri, se solo avessi un nome che assomiglia alla mia disperazione, prima di lasciarti sparire sotto un sasso non penso a ciò che dico perché non esisti, se tu fossi una formica almeno potrei schiacciarti con un dito mentre ti dico ti amo ma solo per giocare, le lettere d’amore si scrivono piangendo e tu non piangi abbastanza per i miei gusti. Ma non stare in pena per me che un albero sotto il quale far finta di non pensarti lo trovo sempre.  Se poi è l’inconcepibile che vuoi fai una cosa, apri la bocca, rimandami indietro questa lettera senza aggiungere una parola, cerca una fetta di mare da qualche parte per vedere il treno tuffarsi, e aspettami, ti prometto un giaciglio di noia e peccato, ti prometto una sparizione al momento giusto, guarda, uno stormo di uccelli disegna il tuo naso e il mio abbandono nel cielo che si addormenta, aspettami, resta sveglia almeno tu.


finisce sempre tutto a escort

sewer-118519_640

Stamattina dopo aver scaricato la mia vagonata quotidiana di mipiace su tutti i blog che mi si paravano davanti, in modo indiscriminato e assolutamente democratico, mi sono guardato allo specchio ed ero tutto sudato. La mia rincorsa al successo è cominciata e già vedo i frutti rotolare giù dalla montagna pronti a marcire nella prima palude disponibile.
Devo ancora capire con chi ce l’ho, ma per ora l’importante è che io sia incazzato e trovi gente incazzata che mi legga e mi dia ragione. Su cosa anche questo si vedrà. Intanto metto una foto assolutamente inutile se non per avere più visualizzazioni perché alla gente bisogna che gli fai un disegno se no non capiscono, vogliono le figure e non sanno che già sono nelle parole.
Dicevo stamattina ho pensato che un po’ di tempo fa era molto più difficile la vita, non avevi ad esempio un posto caldo e tranquillo dove metterti a sedere quando c’hai il mal di pancia, dovevi farlo nel prato e magari c’era la neve, e poi ho pensato alle fogne io non ho mai pensato alle fogne e non so come funzionano ma per fortuna che qualcuno le ha inventate, deve essere un bel meccanismo, e mi è venuto da pensare a tutta la merda che produciamo, ad esempio un piccolo paese come il mio, che sarà anche piccolo ma quanta merda fanno sei settemila persone in un giorno, provate a pensare, una montagna di merda, e provate a pensare a quanta merda in tutto il mondo, appennini alpi ande, interi Himalaya di merda ogni giorno, è una cosa davvero spaventosa se uno ci pensa, ed è una produzione continua e incessante essendo la prova stessa della nostra esistenza e quindi bisogna che tutto funzioni che se ci distraiamo un attimo ci si ricopre tutti di merda che non ce ne accorgiamo nemmeno. Cioè quando tu hai finito che non ti fa più male la pancia tiri una cordicella e fai scorrere dell’acqua e non ci pensi più e vai per continuare il tuo bel post di merda senza pensare alle fogne. Ma un giorno che sei più ispirato del solito allora ci pensi e puoi stare anche fino a sera a pensare ai ghiacciai dell’Himalaya e sperare che non si sciolgano. Però ho ormai accettato di essere un poeta, infatti ho detto cordicella non la maniglia che avete voi, cordicella è molto più poetico, e cosa ci posso fare se sono poeta? Ma lo faccio volentieri, sono tutte cose che aiutano un blog a crescere. E proprio ieri ho finito di testare per voi le migliori 283 escort lombarde, di cui vi dirò prossimamente. E’ stata una faticaccia ma cosa non si fa per i followers affezionati e per conquistarne altri.

Mentre scrivo sto ascoltando: The sciacquon result of the cordicella, ovviamente.
(perchè è importante che possiate immedesimarvi coi miei sentimenti visto che io vvtb ma tantissimo)


come dio salva gli uccelli dalle palline da golf

Sto qui seduto su questa mattina a guardare alla finestra i fumi dei camini che si disperdono più bianchi del grigio di cui è dipinto il mio sogno, che si è svegliato ancora una volta quando una nave mi stava portando chissà dove. Cerco di ricordare dov’ero seicento milioni di anni fa, ma mi vengono in mente solo galline e tanto vento. Ascolto il frastuono della flora batterica che si sta riorganizzando, anzi ne vedo il film della battaglia come se fosse appena oltre il vetro umido e compiango i vinti e penso che un po’ di tempo fa mi ero messo in testa di andare in giro a fare alla gente una domanda, chi è dio? Non è argomento molto trendy, però del resto anche dedicarsi all’amore o alla politica che so, queste sì che sono due palle davvero, e come i pesci che possono fare un salto fuori dall’acqua a me spiace di non potere ogni tanto saltare fuori dal cielo, e comunque da oggi cambio totalmente la mia vita, uscirò sempre di casa pensando al piede destro e rientrerò pensando al sinistro, prima lascio che passi un po’ quest’idea dell’anno nuovo però, poi devo sintonizzarmi con il sole e con la luna, che è ora. Intanto insisto a restarmene seduto a sentire che non c’entro niente con le mie parole che non assomigliano ai miei pensieri, a vedere il cielo mangiarsi le gru e la luce del pomeriggio scurire. Sembra che la natura stia prendendo colori digitali, adesso che la pellicola è finita, e quindi anche dio se non ha più la stessa resa pittorica come se la cava con le preghiere, come si nasconde, come salva gli uccelli dalle palline da golf, che gli uccelli, piove non piove volano e se avessi una mazza almeno proverei a colpirli.
Duecento metri quadrati di parete intestinale sono tanti da tappezzare di suggestioni e fascinose teorie eubiotiche tra me il giorno che passa e un sentimento perduto nel campo, ciononostante le macchine continuano a sfrecciare tra gli alberi e l’autostrada a scagliarsi verso un tramonto che solo un cieco può vedere senza dirti com’era, e se mi fossi alzato una figura nera si sarebbe stampata nel controluce della mia allucinazione. Mi sono addormentato invece e quando mi sono svegliato la finestra era piena di rettangolini illuminati che erano poi le finestre delle altre case e mi chiedevo in quale rettangolino poteva esserci uno come me seduto a pensare a cosa fare del mondo a come essere un re cattivo, ma non volevo immaginare quali storie facevano risplendere i lampadari perché sentivo la stanchezza degli intrighi tutti diversi e sorprendenti nella loro normalità, che non avevano bisogno di un finale erano storie e basta, non avevano bisogno di aggettivi o truccatori o scenografi. Non avevano bisogno di un ufo al quale un grigio scuro assorbiva i contorni, e nemmeno io avevo bisogno di parole di un altro pianeta, le strade erano bagnate e mancava poco alla notte, solo il tempo di pensare ancora se quattro miliardi di batteri erano sufficienti e se dio avesse un dio, o che ci fosse un dio del dio di dio, e l’avventura di ogni soldato e di ogni solitudine un giorno qualcuno dovrà darcele tutte queste storie, e poi andare a dormire con due domande sotto le palpebre, in quale buio si insinuerà la nave per portarmi nel suo chissadove, e quale pioggia continua a far baccano là fuori, in quella finestra che non sa più con quale sguardo dirmi la verità.


le strabilianti avventure di un’arachide vuota

Qui nel raggio di 10 km ci sono 6-7 ipermercati ma siccome il più vicino è a ben 5 km da casa mia per rendermi la vita più semplice hanno pensato bene di metterne su un altro a un km, e io ho pensato bene di andare a fare le presentazioni con le cassiere.
Dalla scala mobile la pianura diventa sempre più grande e quando sono quasi arrivato mi ricordo che lì c’erano boschi quando ero piccolo e mai pensavo di poter entrare direttamente nelle piante con la scala mobile. All’ingresso una simpatica signorina mi propone di barattare alcuni dei miei dati, sensibili ma neanche poi tanto, con una card per gli sconti. Visto che ha un sacco di denti l’accontento. Solo che poi mi fa restare male perché mi consegna due carte e mi dice, l’altra può darla a sua moglie, e io questa proprio non me l’aspettavo. Ma ti sembro uno che ha una moglie? le dico un po’ preoccupato, perché non ci si rende mai conto veramente dell’impressione che fai dall’esterno e quando te lo dicono così brutalmente… No era solo un trucco per vedere se eri libero, mi dice. Scosso da tanta intraprendenza cerco di convincermi che devono averglielo insegnato al corso di marketing, possibile che mi trovi così figo solo nel vedermi scrivere il codice fiscale, pensa se le scrivevo una poesia. Stordito mi avvio pensando già alla spesa di domani, so che sarò un cliente affezionato e so anche che non capirò bene il funzionamento della carta e mi serviranno parecchie spiegazioni.
La prima cosa che si trova in questo posto appena varcata la fotocellula è il reparto dei libri, e non capisco quale sia la strategia perversa qui ma mi sembra un’ottima occasione per aggiornarmi su quei titoli di cui tutti parlano perché stanno in testa alle classifiche. Non farò nomi io non recensisco al massimo leggo due righe e in via del tutto eccezionale mi spingo fino al paragrafo. Sono davvero quelle cose di cui si dice in giro e io ho un po’ paura a toccarle. Una signora si avvicina col marito e dice che era questo che voleva, un po’ come la gonna o quell’abitino già adocchiato da tempo, che questo libro ce l’aveva la mia amica e gli stava così bene, e lo prende e lo porta via senza esitare, ma soprattutto senza aprirlo per leggere nemmeno due righe, e del resto se alla sua amica donava così tanto… E’ che sono libri difficilmente indossabili, dal formato enciclopedico che neanche a volerlo mettere nel taschino a mo’ di foulard non puoi, come non puoi diventare amico di un libro così, che una certa confidenza con un libro ci vuole, al massimo se vai allo stadio e sei basso giusto per guadagnare quei dieci centimetri.
Ad ogni modo a furia di aprire libri a caso trovandoci però neanche a farlo apposta puntualmente parole vuote che sembravano gli avanzi del corso di marketing mi ha preso un leggero disorientamento esistenziale, alzo gli occhi e la distesa degli scaffali era piena di scintillanti domande sul senso della vita, alcune in offerta, alcune scorrazzando nei carrelli, poi guardo le facce e penso che questa gente legge queste cose, ma forse no forse le compra soltanto, che il tempo è più prezioso del prezzo di copertina chissà se lo capiscono, fatto sta che i miei terminali psicosomatici prediletti cominciavano a farsi sentire, sapevo che di lì a poco avrei sentito cioè l’esigenza di un bagno, così mi avviai alle casse non prima di aver raccattato nella zona orto un pacchetto di rucola, che non è bello presentarsi alla cassa a mani vuote.
Mi resta come l’impressione di aver fatto un giro di blog, tanti blog impacchettati dentro libri di successo, scrittura dignitosa e brillante che ormai a scrivere son capaci tutti e il problema è la confezione semmai. Ed è qui che a pochi passi dalla cassa ho un dubbio, mi fermo, tentenno, forse barcollo, perché mi rendo conto che sto scrivendo un post veramente carino, ma così carino da essere davvero stupido e insignificante, non fa ridere, non fa pensare, non fa nemmeno poi tanto schifo, insomma perfetto da blogger quale volevo diventare, e non mi fa felice realizzare di essere in sintonia con tutte quelle righe che ho letto poco fa, anzi, adesso sì che barcollo davvero, mi fa senso, e mi sembra di essere in un’iperarachide marcia io e mia moglie solo che la parte di mia moglie è vuota. E rileggendolo ho la conferma di aver scritto davvero un post orrendo senza riuscire a scansare nemmeno una fotocellula. Però mi viene in mente che la mia amica che comincia per b e finisce per l non potrà più dire che non scrivo mai di me, e io risponderle che già tutti fanno la cronaca delle loro eccitanti avventure e chissenefrega. La cassiera osserva il mio turbamento. Temo sia sul punto di chiamare la sicurezza. Vorrei scaraventarmi sulla scala mobile e riplanare sulla pianura che sta sfondando le vetrate. Un uomo mi passa davanti e appoggia la spesa sul nastro e tra la carta scottex le bistecche i limoni sbuca fuori un bel librone copertina rigidamente rigida 800 pagine. Mi scusi, gli chiedo, perché ha preso questo libro? Lui mi guarda stralunato come volesse dire ma di quale libro stai parlando? Eppure io lo vedo il libro, eppure la cassiera dice che anche lei l’ha letto ed è fantastico. Cambio cassiera. Ce n’è una che mi aspetta, ha dei bellissimi occhi da analfabeta che fanno al caso mio. Con una specie di sorriso le allungo la rucola. Solo questo? mi dice. Se vuole glielo lascio, dico io. Che in fondo è il pensiero che conta.


si sa

eccomi davanti al prato dove sono nato
che ha l’erba spenta di un circo che spara
il suo nano nelle orecchie di un altro mondo
dove c’è un luogo per ogni cosa ma niente
che io possa capire per domandarmelo
l’inequivocabile che voglio di un acquario,
mi resta allora di trovare un destinatario
non più nuotare la notte a lasciar che fuoco mi consumi
con una parola d’amore che cola dal naso,
un incendio di pesci sfavilla nella specchiera
dolce epistassi giù per il tempo che verrà, si sa
che ogni cielo nero ha bisogno di una collina bianca,
si sa


278 modi per scrivere un bel post

Voglio suicidare questo blog, voglio farlo lentamente con piccole dosi di idiozia, voglio provare l’ebbrezza di avere un blog di merda anche usando la merda oppure qualche cazzo qua e là come fanno i blogger veri, quelli simpatici accattivanti con occhiolino e linguetta d’ordinanza tutto bacetti perugina e amico qui amico là e ti adoro sei un mito ma graaande, perché io ce l’avrei qualche scemenza da dire e non vorrei perdere l’occasione di lasciare un pessimo ricordo di me. Ad esempio vorrei dire, donne, ma come fanno a piacervi gli uomini, me lo chiedo spesso e non vi capisco proprio, e vorrei dire che a me non piace il congiuntivo, che l’eccesso di congiuntivo è del  mediocre che ha il timore di essere disprezzato e si lascia disprezzare da tutte quelle cacofoniche esse, sì ecco queste due cose ci tenevo a dire, e poi che vorrei provare il brivido della reincarnazione in un anonimo avatar che mi permetta di essere quell’anagramma di me stesso che tutti vogliono che sia, sì questo, e poi non so cos’altro, nascondermi nella fitta nevicata per non guardare negli occhi i gridolini isterici della platea in calore. Fare un titolo come 278 modi per scrivere un bel post è solo uno dei modi per scrivere un post di successo, nelle prossime 277 puntate vi svelerò gli altri, seguitemi e non ve ne pentirete, venite con me sul ponte dell’autostrada a vedere i fari delle macchine schiantarsi nel buio per fuggire alla bufera di estasiati like contromano. Voglio essere chiunque, avvelenarmi di scempiaggini, che in fondo è così facile trasformare un blog di nicchia in un blog di minchia, non rispondere di me stesso né dei miei neurilemmi grattugiati sui sogni della città che dorme, e sono contento di questo post di merda, che chiunque avrebbe potuto fare, anche senza travestirsi per cercare di sembrare uno come me.


settembre sexy. 5

Non farti ingannare dalla mia pancia che ha la stessa suoneria di un messaggio in arrivo, vieni con me in cima all’acquedotto, senti come abbaiano le lavastoviglie abbandonate nei boschi. Qualcuno sta versando tutto l’alfabeto sulla campagna, non è l’autunno e nemmeno io, e se lo prendo non avrei bisogno di maledirlo, piuttosto gli farò un buco in testa per guardarmelo meglio. Quello è il posto dove avevo piantato un albero di femmine ma sono tutte volate via e anche tu sarai sempre più piccola fino a sparire.