È successo che non sapevo cosa fare quel giorno così stetti ad aspettare fuori dal negozio di bigiotteria, godendomi il sole leggero che carezzava la piazza. Pensavo che rapire la commessa del negozio poteva essere una buona idea, sarebbe stato divertente, beninteso io non sono un maniaco o uno di quei malintenzionati che hanno problemi con le ragazze e magari le violentano, no io volevo solo passare il pomeriggio. Erano i suoi capelli neri che mi piacevano, e del resto non avrei potuto apprezzare altro dal lontano e fluttuante riflesso della vetrina. Avevo lasciato la mia macchina in quel vicolo stretto e solitario dove lei sarebbe passata, e dove in qualche modo l’avrei trascinata sul sedile ripartendo a tutta velocità. Insomma una specie di piano ce l’avevo. E per il resto avrei improvvisato, l’avrei portata sul fiume, in quel tratto dolcissimo dove l’acqua comincia a perdersi dentro il bosco, così per farla rilassare e perché mi sorridesse. Come adesso che sembra guardarmi dal vetro e tra le sagome dei passanti intravedo le sue labbra schiudersi al bagliore del sole. Poi la porterei non so in città o in un centro commerciale per camminare tra la gente e vedere gli uomini voltarsi, che a quel punto lei sarebbe già diventata mia complice, e così verso sera saremmo andati a mangiare sulle colline prima di accompagnarla a casa e prendermi un bacio pieno di tante cose. Insomma la solita storia d’amore tra la vittima e il carnefice, con il tempo che ridisegna i contorni delle maschere ad ogni sguardo. Adesso però è inutile stare a fantasticare, a momenti lei passerà davanti a me, e dovrò agire. E se qualcosa non andasse per il verso giusto? Ma no eccola, sembra venire incontro al suo destino disarmata e docile come un sogno, esce, e mentre arrendevolmente abbraccia quell’uomo sembra abbracciare me, e quel bacio, moltiplicato dalla vetrina, sembrano tutti quei baci che lei non mi darà mai. E io sono triste come i gradini della chiesa, triste come i pali della luce, triste come sarebbe un maniaco che allora a questo punto avrebbe anche ragione a violentarla, e quando uno dice che se le cercano, sì, vanno violentate, perché ditemi che cosa avrei mai fatto di male io, io volevo solo passare un pomeriggio, io un piano ce l’avevo, e ditemi cosa ci faccio adesso con questo mio pomeriggio e con tutta questa bigiotteria che ho dentro la testa e anche nel cuore, perché io ho un cuore e non lei ad allontanarsi così con quell’uomo, mentre io qui a vedermi specchiato da lontano a fare l’inventario di quello che c’è in questo cuore, bigiotteria. Bigiotteria.
11 aprile 2013
frames 3. bigiotteria
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Ho aperto un blog per dimostrarmi che un blog non serve a niente, quindi cercherò di gestirlo nel peggior modo possibile, evitando accuratamente tutte le buone regole per un blog di successo. Conto di riuscirci.
Il mio motto è, posto ma non mi sposto.
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Questo articolo è stato inserito il giovedì, 11 aprile 2013 alle 12:36 ed etichettato con amore, bacio, coppia, cuore, donne, odio, pensieri, psiche, racconti.racconti brevi, sogno, uomini, violenza e pubblicato in frames. Puoi seguire tutte le risposte a questa voce con il feed RSS 2.0.
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24 settembre 2013 at 23:36
Anche certi uomini andrebbero violentati, tanta la bigiotteria che lasciano dentro la testa e anche nel cuore.
Ero particolarmente triste, poi questo racconto ha modellato la mia tristezza e l’ha resa più dolce, come una lacrima.
24 settembre 2013 at 23:52
tu mi fai sentire importante! 😉 a rimodellare la tua tristezza… non è cosa che capita facilmente ai maniaci… bè anche se non ero particolarmente triste (non più di altre volte intendo) mi prendo un po’ della tua dolcezza